H_A_G_@ # 4 MARZO 1999
[non solo pettegolezzi, ma, soprattutto, critiche: alle mostre e ai critici e a come criticano...]
1) FLASH
ART vs. FLESH ART. In prima pagina in questo quarto numero di H_A_G_@ l'ultima brillante iniziativa di Giancarlo Politi, quella di
rivolgersi alla magistratura per impedire la
circolazione di FLESH ART.
2) Ancora un po' di cose su ROSSOVIVO. Eravamo sicuri che ROSSO VIVO non ci avrebbe delusi: ecco nuove interpretazioni della mostra più inoffensiva dell'anno.
3) E per concludere un po' di cazzatelle, da Lina Sotis a Don Lurio.
2) Ancora un po' di cose su ROSSOVIVO. Eravamo sicuri che ROSSO VIVO non ci avrebbe delusi: ecco nuove interpretazioni della mostra più inoffensiva dell'anno.
3) E per concludere un po' di cazzatelle, da Lina Sotis a Don Lurio.
1) FLASH ART vs. FLESH ART
Milano, 5 marzo 1999 Il Tribunale di Milano ha inibito alla nostra rivista l'ulteriore utilizzo del logo Flesh Art ('Arte di carne') in seguito al ricorso di Giancarlo Politi Editore, società editrice di Flash Art, storica rivista d'arte bimestrale, in edizione italiana e inglese. Ciò essendo venuto meno, tra l'altro qualsiasi tentativo di riconciliazione amichevole e avendo Politi rifiutato qualsiasi proposta di modifica della testata che, in pratica, comprendesse la parola 'Flesh'. Politi - che, a riprova della personale concezione della libertà di stampa, ha richiesto anche il sequestro della nostra rivista sul territorio nazionale, questa volta rigettato dal magistrato - non si limita a sostenere che i suoi lettori, dopo 30 anni di pubblicazione bilingue, sarebbero tratti in confusione fonetica da una nuova rivista completamente diversa nel formato, nell'impostazione grafica e - soprattutto - nei contenuti. Nel ricorso sostiene infatti che
'Flesh Art, nonostante le premesse culturali, ha ben poco in comune con l'arte, perseguendo semmai,tematiche di violenza estrema e gratuita' e, ancora, 'Flesh Art costituisce un giornale di natura pornografica sotto mentite spoglie' (sic). Dopo anni di dibattito su pratiche basse, riscoperta del corpo, plagiarismo, etc. ci sembra superfluo sottolineare la miseria di chi è oggi espressione ufficiale del sistema dell'arte (anche di quella 'estrema', vero Politi ?) nel nostro Paese.
La redazione di Flesh Art
Museis__XVI______________________06_03_1999_
Milano, 5 marzo 1999
[omississ: comunicato della redazione di Flesh Art (vedi sopra)] LETTERA APERTA DI LUTHER BLISSETT A GIANCARLO POLITI
Liberate dal carcere Flesh Art
Flesh Art, originalissimo e singolare rivista russo israeliano, e' in carcere a Milano per aver cercato di realizzare un'opera d'arte particolarmente ambiziosa. La sua opera è consistita nel dipingere con una bomboletta spray, la sigla del dollaro ($) sull'opera Quadrato bianco su bianco, del suo conterraneo Flash Art, esposta allo Stedelijk Museum. Per tale gesto Flesh Art e' ora in prigione. Epistola ex Vaticanis Museis chiede alle autorita' olandesi di liberare, in nome dell'arte e della creativita' Flesh Art.
A mio avviso l'arresto di Flesh Art e' un attentato alla liberta' di espressione di un rivista e come tale diventa un gesto repressivo. Flesh Art non e' un teppista ma un rivista trasgressivo e di forte personalita' come rivista tasgressivo e di forte personalità era Flash Art ai suoi tempi. Flesh Art non voleva distruggere Flash Art bensì creare un'opera ancora piu' significativa di quella di Flash Art, cioè con un valore estetico aggiunto. E' lecito fermare (anzi arrestare) questa creativita'? Verrebbe da chiedersi se la giustizia e la censura non vadano a braccetto. Tra la creativita' nuova di Flesh Art e la creazione statica di Flash Art, io opto per la prima. L'opera di Flash Art la conosciamo tutti, io ora vorrei vedere l'opera nuova di Flesh Art. Comunque cari lettori di Epistola ex Vaticanis Museis vi prego, inviate una cartolina allo Stedelijk Museum Milano con la seguente scritta (piu' o meno): FREEDOM
FOR ART, FREEDOM FOR FLESH ART.
Luther Blissett, Epistola ex Vaticanis Museis, febbraio-marzo 1999.
Colpo di scena! L'autore dell'appello contro Flash Art è: Giancarlo Politi! Direttore nonché editore della rivista "Flash Art". Il simpatico articoletto è il risultato di un semplice escamotage linguistico; per leggere l'originale si sostituiscano i seguenti termini:
Flesh Art ---> Alexander Brener Flash Art ---> Casimir Malevic Epistola ex Vaticanis Museis ---> Flash Art Milano ---> Amsterdam Rivista ---> Artista Luther Blissett ---> Giancarlo Politi (ahahah) 1999---> 1997
L'articolo usci' infatti su "Flash Art", numero 202 febbraio-marzo '97, a seguito del noto "caso Brener". Ora, in tale situazione io stesso appoggiai caldamente le scelte del direttore Politi; perdonatemi. Ho preso un abbaglio, capita a tutti. Evidentemente cio'che muoveva Giancarlo Politi non era "lotta per la liberta' d'espressione" ne tanto meno solidarieta' ad Alexander Brener. No, si tratto' evidentemente di una reazione fredda e calcolata. Brener, dopo tutto, aveva gia' esposto in parecchi musei, e si avviava verso un completo assorbimento nel mondo dell'arte ufficiale (...pero' con che stile!). Piu' d'una persona si sara' chiesta: "Ma e' lo stesso Politi di Brener? Come e' possibile?". Rispondo a tutti.
Si', si tratta dello stesso fantomatico Giancarlo Politi, che possiede si' spiccate qualita' camaleontiche da fare invidia a Luther Blissett! Come puo' una persona difendere l'azione di Brener in nome della "Liberta' d'espressione", della "creatività", addirittura dell' "iconoclastia"... (cfr. Flash Art n.203 p.70) per poi accanirsi su una rivista il cui nome e' tanto graficamente quanto lessicamente diverso?
Confondere questa rivistina con Flash Art... Ma se sono 32 anni che non cambiate copertina!
"Difendo la liberta' di espressione, come la liberta' di respirare, come la liberta' di sorridere, la liberta' di morire come il desiderio di vivere" (cfr.n.203)...ma cosa stai dicendo? Non hai vergogna? Con questa operazone hai dimostrato di essere di gran lunga peggio dei giudici che hanno condannato Brener, i quali, se non altro, dovevano far fronte a notevoli danni economici. Ma il caro Politi non si accontenta, si spinge oltre giudicando i contenuti della rivista e vuole il rogo: "Flesh Art costituisce un giornale di natura pornografica sotto mentite spoglie" non credo alle mie orecchie: lo stesso Flash Art espone fotografie di Ilona Staller a gambe aperte che si fa scopare da suo marito Jeff Koons (cfr.n.156)... Ma quella è arte dirai tu! Allora mettiamo in chiaro una cosa: se Jeff Koons che scopa Cicciolina non è pornografia, allora non lo è nemmeno Nina Hartley (cfr. Flesh Art n.1), ma se lo
fossero tutti e due... allora denuncia pure Flash Art e fai un bel falò dei vecchi numeri. Giancarlo Politi: tu hai dimostrato di essere una delle persone piu' incoerenti e abiette che camminino sul suolo terrestre; credevo che con la querela di Aldo Busi a Luther Blissett avessimo toccato il fondo, ma tu ci ha insegnato che non esiste limite alla bassezza (e sei anche completamente privo di senso dell'umorismo. Immaginatevi centinaia di persone che cercano di spiegare ad altrettanti ignari edicolanti che Flesh significa carne, mentre Flash significa flash, quello della macchina fotografica, però si legge flesc, come la prima, e che... una performance in perfetto spirito Neoista che da solavale dieci dozzine di riviste d'arte).
Da "Flash Art" n.214, febbraio-marzo 1999, pag 55 "Lettere al direttore"
Caro
***, sì, come dici tu, Luther Blissett è "uno, nessuno, centomila".
Cioè siamo tutti noi. E io so bene
che dietro ogni Luther Blissett si nasconde un anonimo. E io non amo gli
anonimi, perché tirano il sasso
e nascondono la mano. E dietro ogni anonimo c'è un vigliacco che vuol colpire
senza dover rispondere (è la nuova etica della delazione?). (...) I luther Blissett,
quando sono intelligenti e graffiano, mi sono molto simpatici. Quando diventano patetici (è facile)
mi annoiano(...).
Giancarlo Politi Quale onore assistere alle sue esibizioni di indomabile coraggio accanirsi su una rivista neonata come Flesh Art dall'alto di quel colosso economico che vi ostinate a chiamare "arte". Ma quella rivista aveva si' dimostrato del coraggio, il coraggio di mettere sullo stesso piano la pornografia e l'arte, offrendo
spazio a realta' che altrimenti non ne avrebbero, pubblicando articoli al limite della querela; non parliamo del "patetico" appigliarsi ad una ironica consonanza (f-l-a/e-s-h) per chiedere il sequestro di una rivista. Questo è patetico! Ed è anche assurdamente stupido. E' una delle cose più stupide che sono successe quest'anno. Grazie.
Luther Blissett
GIACOMO VERDE. MESSAGGIO DI SCUSE A GIANCARLO POLITI EDITORE
Gentilissimo promotore dell'Arte Contemporanea con la presente intendo scusarmi per aver comperato la rivista Flesh Art e congratularmi del suo grande senso della giustizia. Era ora che qualcuno tornasse a chiarirci le idee su cosa è l'Arte, ricorrendo anche ai tribunali! La ringrazio di avermi liberato dall'equivoco. Infatti quando ho visto FlEsh Art in edicola ho pensato:- guarda che bello la rivista di quel mercante del Politi si rinnova, ha trovato una nuova veste grafica e finalmente ha messo la E al posto della A che cosi' anche noi italiani possiamo leggere chiaramente il titolo. Che genio!! Ma poi ... che orrore ... nemmeno una pubblicità delle gallerie d'arte!! Nemmeno un fantastico sproloquio per giustificare il grande valore economico delle tele!! Neppure uno di quei bellissimi testi trasgressivi che non mettono mai veramente in crisi lo stato delle cose!!! E dove sono finite tutte quelle belle riproduzioni da pennello, scalpello e concetto??
E le ultime novita' dal mercato intelligente dell'Arte buona??? ... Per un terribile lungo quarto d'ora ho pensato che il Mitico, Spregiudicato, Rivoluzionario Politi fosse impazzito travolto dalla sua inesauribile voglia di novita' e contemporaneita' ... ma invece per fortuna poi ho avuto l'accortezza di notare che quella inutile rivista era di un altro editore. Che idiota sono stato a non guardare subito di fianco al titolo il nome dell'editore!! Che idiota a non sfogliare prima velocemente la rivista!! Che idiota a non leggere il sottotitolo!! E che idiota a pensare che il Politi potesse rinnovarsi!! Grazie quindi per essere riuscito a trovare un giudice ("amico" di quello della bella "Sentenza dei Blue Jeans") che ha capito
della necessita' di proteggere gli sciocchi e ingenui amanti dell'arte contemporanea come il
sottoscritto. Qualcuno ha detto che il suo gesto e' un gesto di censura ma io penso che sia solo un gesto di legittima difesa dei propri interessi economici!! Bravo!! Probabilmente nessuno dei suoi fidati lettori avrebbe mai comprato la suddetta inutile rivista: ma meglio non rischiare, che il mercato non è uno scherzo!
Con stima Giacomo Verde Scemo
Siamo abbonanti a FlAsh Art, giudichiamo la rivista ottima, non ci siamo accorti del plagio effettuato da FlEsh Art e sinceramente non abbiamo confuso PER NULLA le due riviste, che mi sembrano diverse sia come formato che come contenuti, a parte il nome stesso. Se alcuni suoi lettori sono rimasti sconcertati e confusi, forse non hanno ancora capito che cosa è FLASH ART e cosa è FLESH ART. E possiamo affermare che le differenze sono MOLTO chiare. Inoltre non vediamo perché un attacco così in forze nei confronti di una rivista neonata e che non ha nulla da spartire nei Vostri confronti. Paura della concorrenza? Confusione mentale dei suoi lettori "primitivi" che non riconoscono dopo vent'anni la A dalla E? >.....nel ricorso sostiene infatti che Flesh Art, nonostante le premesse culturali, ha ben
poco in comune con l'arte, perseguendo semmai, tematiche di violenza estrema e gratuita; Flesh Art costituisce un giornale di natura pornografica sotto mentite spoglie; (sic) Complimenti per le affermazioni sig. Politi. Ha dimostrato una apertura mentale non indifferente, nonché preparazione sulla globalizzazione non solo economica ma CULTURALE. La conservazione artistica della sua affermazione non porta a NULLA, verso una visione creativa differente, non solo per essere fruita come arte, ma perlomeno come termine di paragone. Attacchi in nome dell'arte possono essere anche apprezzati, quando dietro la parola arte si nasconde la parola EURO, butta male!!!! Spero voglia ricevere questa protesta come semplice invito a riflettere sulle azioni giuridiche commesse e sulle
parole dette. Il monopolio non porta ha niente! E non c'è lo possiamo permettere!!! Grazie. ThanitART
Chi l'ha detto che Milano non è più come negli anni '70, quando era tutta una folla che si spostava da un vernissage all'altro? Dategli solo l'occasione e modaioli, intellettuali, presenzialisti dell'arte si faranno vedere. Per l'inaugurazione della mostra "Rosso vivo" al Pac, cerano tutti. In prima fila, i fandell' "arte delle mutazioni", gli stessi che non si perdono una performance alla galleria Inga-Pin. Segni di riconoscimento: capello blu, pellicciotta attillata, piercing. Un misto fra l'hippy chic e il look da frequentatori di rave parties e fetish club. Subito dietro di loro, il pubblico "bene" (con certe cinquantenni impellicciate, ancora odoranti di lacca), quello che riceve l'invito dal Comune e non manca mai alle inaugurazioni di Palazzo Reale. Dietro, i minimal-chic dei vernissage della Fondazione Prada, quelli che sembrano usciti dalla New York di Woody Allen: vestono di nero, aborriscono il trucco e l'abbronzatura, sono tutti politically correct. Eccolo, il miracolo di "Rosso vivo": aver riunito le tribù dell'art-system milanese, aver mescolato la città intera. È inutile negarlo: la mostra è il vero evento dell'anno perché e la prima a far respirare aria internazionale alla città. Ma, ahimè, il fatto stesso che abbia messo d'accordo tutti e che sia riuscita ad entrare al Pac, la cui attività espositiva si limita a storicizzare il passato recente, ha messo, contemporaneamente, la parola fine su quest' "arte del sangue e delle mutazioni" che, ora, non ha più nulla dell'avanguardia. Nonostante Francesca Alfano Miglietti, curatrice della mostra, dichiari che siamo agli albori dell'unica vera arte, è evidente che questa seconda generazione di body-artisti non ha scoperto nulla di nuovo rispetto alla prima. Anzi come tutti gli epigoni, non fa che trastullarsi con gli aspetti decadenti. Eccole lì, tutte quelle opere che dovrebbero "schiaffeggiare i borghesi" e disprezzare le convenzioni: tutte omologate, con quel retrogusto di contestazione déjà-vu. Così perbene e così banali. Niente più inconscio né dolore vero, ma solo la sua rappresentazione estetizzante e ripulita. Fra tutta quell'omologazione, l'unico artista che esce dal gruppo è Franko B. Troppo autentico e strampalato per ventre a patti con la vetrina del Pac.
Francesca Bonazzoli
(Vivimilano/Corriere della Sera, 17/02/1999).
Qualcosa ci prende nelle visioni di corpi martoriati, insanguinati. Un piacere, oscuro, negato, rimosso, che si dà anche nel veder soffrire, persino nell'immaginarci sofferenti. Lo testimoniano dipinti di ogni tempo - alcuni riprodotti nel bel saggio introduttivo della curatrice, Francesca Alfano Miglietti (catalogo Electa).Lo testimonia tutto il "Grand Guignol". E, oggi, lo testimonia certa narrativa di giovani autori - prima di tutto americani e ora anche italiani. Lo testimonia una parte notevole di questa mostra. Quei corpi feriti... Da certe "opere" è lecito ritrarsi con un moto di orrore. È lecito considerarle come manifestazioni di una tendenza significativa del nostro tempo - un sintomo, un vera e propria testimonianza. È lecito vedervi un tentativo, magari inconscio, di costituire un rituale - una specie di liturgia capovolta. Forse, non è lecito guardarle lanciando gridolini di compiacimento per ostentare la propria privilegiata capacità di gustare, comunque e dovunque, la presenza di qualche senso estetico. Arte, non arte - che senso ha chiederselo? Ha senso, invece, chiederci perché in tanti, per esprimersi, per parlarci di loro stessi, siano spinti da qualcosa a scegliere di offendere, nel proprio corpo, il corpo stesso dell'uomo. Che ci piaccia o no, anche queste sono figure che riguardano il nostro tempo. Che ci riguardano.
[box] L'opera doc. Si chiama "Body Art - Arte del Corpo". La si pratica già da anni. E il corpo non è ornato. È travestito. O è ferito, offeso, come qui. [c'è una foto di Ron Athey, ma la dida dice solo:
"Body Art - Arte del corpo". N.d.R.]. Cerchiamo di pensarci un po' su, prima di liquidate esperienze di questo genere con qualche sbrigativo: "Che orrore!". Certo, la pittura è un'altra cosa. Ma lo è tanto che non ha neanche senso fare un confronto. Qui siamo in presenza di una azione. Che cosa vuol dire? Forse è anche un grido d'aiuto, lanciato da qualcuno nella solitudine di un'altra generazione perduta. Sanguina anche la faccia di Cristo, sul panno della Veronica.
(Io Donna/Corriere della Sera, 20/12/1999)
Village. Idee, tendenze e divertimenti della metropoli.
STILI / GESÙ, LO SPIRITUAL-CHIC! AGLI ARTISTI PIACE SACRO
Registi, fotografi, cantanti, designer, stilisti: è un periodo in cui
creativi di origine diverse s'ispirano all'ultraterreno. In bilico fra divino e blasfemo. STILI / GESÙ, LO SPIRITUAL-CHIC! AGLI ARTISTI PIACE SACRO
Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo. È rivolgendosi all'ultraterreno che le arti espressive stilano il loro bilancio di fine millennio. La tendenza parte dalla moda: se da tempo Jean-Paul Gaultier riproduce ii volto di Cristo su T-shirt e pantaloni, ora Dolce & Gabbana gli fanno eco con le loro Madonne trasferite su gonne, top e borsette, mentre la stilista olandese Ann Demeulemeester propone una canotta con la scritta Holy, sacro. Segue, nell'ansia millenaristica, il mercato librario: otto editori di altrettanti paesi (per l'Italia Einaudi) si sono accordati per proporre testi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento con un prologo scritto da un autore moderno. Ma anche il design ha la sua croce:
prima fra tutte quella del mobiletto da pronto soccorso di Cappellini (616 mila lire, 318,13 euro, tel.031759111), seguita dal portacandele di Bö, una croce in cemento grezzo (da Colette a Parigi, tel.0033-1-55353390. 285 franchi, 85 mila lire, 44,15 euro). Sul fronte dell'arte visiva, a Milano ha avuto molto successo la mostra "Rosso Vivo" (al Pac, via Palestro 14, tel. 0262086537, fino al 21 marzo), esposizione che affronta la questione della sacralità del corpo umano, magari deformato o deturpato,ma comunque fonte di ispirazione artistica: la sacralità del corpo è riconosciuta anche da artisti mossi all'apparenza solo da intenzioni profane o dissacratorie. E il filone sacro esplode anche nel cinema: dopo le discussioni sull'ortodossia dello spielberghiano "Principe d'Egitto" e su quanto sia davvero
politically (e religiously) correct, si aspetta ora "Giovanna d'Arco" di Luc Besson, film in cui la santa guerriera sarà impersonata dall'ex modella Milla Jovovich. Quest'anno poi, col film "Dogma" di Kevin Smith, debutterà sul grande schermo la cantante Alanis Morissette negli (impegnativi) panni di Dio.
Infine a Milano atmosfere sacre in due nuovi locali: il "Sacrestia", dagli arredi ecclesiastici (via Torricelli 5, tel. 028395117), e il "Modus Vivendi" (via Lomazzo 12, tel. 0233606253) ricavato in una chiesa sconsacrata.
Donatella Bogo
[DIDA] ULTIMA CENA. Sopra, una gonna firmata Dolce & Gabbana con Madonna e Bambino. sotto, "Io Mama Last supper", l'ultima cena rivisitata dall'artista americans Renée Cox. PORTACANDELE. Design a tema religiose: a sinistra, il portacandele in cemento grezzo di Bö; a destra, l'armadiettodi Cappellini a forma di croce. ROSSO VIVO. In questa pagina, dall'alto in senso orario: 1) Un'immagine tratta dal catalogo della mostra RossoVivo, in programmA fino al 21 marzo al Pac di Milano. 2) Sempre da RossoVivo, un'opera dell'artista Catherine Opie: "Saint-Sébastien". 3) La crocefissione declinata al femminile vista dalla celebre fotografa francese Bettina Rheims. 4) Gesù Cristo e i dodici Apostoli nella personale visione religiosa di Bettina Rheims.
(Gulliver, marzo 1999)
ROSSO
VIVO: DOCENTI E STUDENTI A CONFRONTO
"C'era un lavoro tutto nero. Che cosa c'entra? Il tema era il
rosso!" (Una docente dell'Accademia di Belle Arti di Carrara, dichiarazione rilasciata a Firenze il 23/2/1999)
ROSSO VIVO. Ecco; lo sapevo, è già finito tutto. Si apre la porta di vetro davanti ai miei occhi e un grumolo di persone decide di andare in centro piuttosto che a casa.... Io decido in principio diaggregarmi al gruppo per poter andare a rimpizzarmi di schifezze al Mc' donald, ma poi ci penso su e concludo che sarebbe una decisione stupida, perché ciò che effettivamente mi attrae da Mc è solo la pubblicità che agisce a livello inconscio dentro me, quindi decido di andare a casa...da solo. Con gran classe supero i caselli dove si timbrano i biglietti, chiaramente usandone uno vecchio pluritimbrato, e con uno scatto fulmineo mi aggiudico l'ultimo posto a sedere libero sul metrò. Ancora una volta la mia necessità di sedermi è stata più forte di quella del mio vicino e così ho vinto io...ecco ci risiamo, i miei pensieri stanno annebbiando la mia vista e come un fiume in piena inondano la mia coscienza; l'istinto di sopravvivenza dell'uomo è sintetizzata in un movimento: io che corro per aggiudicarmi un benessere, ci riesco e così vinco il mio avversario; lui finge di non sapere che ha perso, nella sua mente sono convinto che la sua domanda persistente è: "quale lotta? Io non ho fatto nessuna lotta per quel posto". In questo modo si convince che non è un perdente e che può vivere serenamente, ma io tengo d'occhio ogni suo movimento, ogni suo sguardo, ogni sua riflessione. Sono convinto che questa cosa della sopravvivenza non sia del tutto isolata dai nostri gesti quotidiani... Mi accingo così ad uscire dal metrò e con un occhiata guardo soddisfatto i controllori mentre mentalmente dico loro:
"ah, ah, ah te l'ho fatta!"; dopo di che salgo in macchina e come di rituale, torno a casa. Vado in bagno, mangio e, mentre lo faccio, guardo il telegiornale. Sento così una notizia che mi sconvolgerà per tutta la settimana: circa una trentina di pazienti americani, avendo una malattia per la quale non esiste ancora cura, si fanno congelare, per poi "tornare tra i vivi" in un futuro dove la medicina avrà risolto il problema. Giro canale e vedo una trasmissione in cui parlano di medicina e spiegano che nel futuro è prevedibile un allungamento della vita grazie a delle macchine che aiuteranno i difetti e\o le
mancanze del nostro corpo; un signore, che perde la mano in un incidente, riesce ad ottenerne una robotizzata comandata dal cervello, con la quale sono possibili sia i movimenti che la percezione del tatto. Ora, mi chiedo se sono ancora nella mostra isolato da qualche parte a sognare ad occhi aperti o se veramente sono nella realtà. Beh a questo punto è anche stupido chiederselo perché la realtà coincide perfettamente con la tematica della mostra... La Body-art è sensibile ai mutamenti del corpo con il tempo, e riflette le emozioni sul corpo; quasi come se il corpo che crea sia più importante della cosa creata; trasfigura l'arte dal prodotto finale al produttore. Mi chiedo come potrà esprimersi un corpo metà uomo e metà robot... Quando penso agli alieni che un giorno verranno sulla terra e
scopriranno questi esseri molto "strani", andrà a finire che saremo noi gli alieni, ma non per loro (il che sarebbe del tutto naturale), ma da noi stessi, dal nostro corpo, dalla nostra materia che si fonderà con un'altra, ma non per un piacere carnale, no, sfamare quell'istinto di sopravvivenza che scalpita in noi e che sulla metrò ci mette fretta per sederci prima di qualcun altro. Mi domando se questo progresso della scienza genetica, sia un male o un bene; se si arriverà ad un punto per cui un uomo potrà essere sostituto in tutte le sue parti da meccani, e se a quel punto abbia un senso esistere, ma soprattutto dove sta il confine dell'esistenza? Probabilmente sono solo domande che si pone un ragazzo come me di fronte ad una grossa novità: quella potenzialmente gli permetterà di essere (o non essere...), un domani, un nonno bionico. Chissà se lo diventerò anch'io, chissà se a quel punto potrò ritenermi felice perché avrò allungato la mia vita, chissà se si arriverà ad un punto insostenibile prima di tutto ciò. Però c'è una cosa che non mi riesce di capire, ossia: un uomo che si faccia cambiare di tutti i suoi arti (mani, piedi, gambe, braccia) con degli altri robotici, fino a che punto potrà considerarsi il lui di prima? Faccio un esempio per analogia con un'automobile: supponiamo di averne una nuova e che ad un certo punto mi si rompa il cofano e che io lo cambi con un altro nuovo; ora facciamo finta che si rompano tutti gli altri pezzi e che io li sostituisca con degli altri identici nuovi. A questo punto posso dire di avere la stessa macchina di partenza? O posso invece affermare di averne una somigliante, con le medesime caratteristiche, ma che di fatto non è quella di prima? Ecco il succo: con il meccanismo della sostituzione degli arti con altri robotici non si ha l'allungamento della vita della medesima persona, ma di una somigliante in tutto a quella di partenza, con la medesima capacità di produrre all'interno di una società, ma che di fatto non è la persona iniziale. Più vado avanti e più mi rendo conto che questi pensieri, chiaramente, sono affiancati da un sapore di morte; questa parola, nel buio della notte mi rimbomba come un tuono in mare aperto e allora un susseguirsi di immagini ed emozioni si infiltrano nel mio cervello, il quale si ribella imponendo alle mie mani di scrivere ciò che prova. Ma come faccio io a tradurre emozioni grandi e intense come quelle provocate dal rosso, il rosso vivo che, so per certo, scorre in questo istante in tutte le vene del mio corpo?
Ecco, i miei ragionamenti mi portano, ancora una volta, a riflettere sulla vita in funzione della morte. Sono convinto che se credessi in una vita dopo la morte, affronterei questo ragionamento più serenamente, con maggiore sicurezza, ma quando penso che un giorno i miei pensieri non colmeranno più i neuroni del mio cervello, mi sembra di provare un leggero freddo gelido sconfitto un attimo dopo dal tepore che c'è in me, il quale, come un campanello, suona e mi ricorda che sono ancora vivo. Penso alla fine dei miei giorni come un atto fisico della MIA materia (chissà se i miei arti bionici continueranno a vivere dopo la mia morte): il sangue che pian piano si raggruppa dietro la nuca, lungo tutta la colonna vertebrale e dietro le cosce, come se fossi una vaschetta per metà piena d'acqua; penso all'irrigidirsi lento e inesorabile irrigidirsi della mia pelle, al millimetrico spegnersi dell'attività
cerebrale ( il che vuol dire che per un paio di giorni dopo la morte il cervello continua a vivere), all'assoluta prigionia alla quale la mia materia sarà schiava... Mi guardo intorno e scorgo tra bottiglie, piatti e forchette, il telecomando della televisione; così lo afferro con ansia e cambio velocemente canale: molte volte sarebbe meglio non sapere, più spesso invece converrebbe non pensare, ma la MIA carne, per fortuna, è fatta anche di questo....
ANTONIO AUGUGLIARO (studente dell'I.S.A. di Monza, da"Monnalisa" n.2. Periodico dell'Istituto Statale d'arte di Monza)
Piero della Francesca. (…)
Sophie De' Macci (Musica/La Repubblica, 04/03/99)
DIVIETI. Non usate il gabinetto di Duchamp. Sei anni fa, al Carré des
Arts di Nimes, un artista dell'happening e della performance, Pierre Pinoncelli, si fermò di
fronte a un'opera famosa (l'orinatoio rovesciato che Marcel Duchamp chiamò
Fontaine), si sbottonò i pantaloni e orinò; poi, forse per il troppo
entusiasmo, l'ammaccò con qualche martellata. Fu condannato a un mese di
prigione. Pinoncelli
protestò: "Duchamp ha trasformato un oggetto d'uso in opera d'arte,
io un'opera d'arte in oggetto d'uso...". La sua, disse, non era stata una performance
improvvisata: "Ci pensai 40 anni fa, quando vidi
l'opera per la prima volta". Una pipì tenuta per tanto tempo! Di che
commuovere qualsiasi giudice.
Ma non
è stato così. Il tribunale di Tarascona ha appena deciso che Pinoncelli deve
pagare una novantina di milioni, e l'artista chiede solidarietà e sovvenzioni
attraverso il sito Internetwww.multimania.com/pinoncelli. Aiutiamolo! Perfettamente simmetrico al ready-made di Duchamp, il suo gesto non meritava di essere punito (anche se, essendo l'orinatoio rovesciato, sarebbe stato più confacente far pipì a testa in giù).Volendo, possiamo interpretarlo anche in chiave civica ed engagée, come un'accusa a quei poteri pubblici che lasciano mancare nelle nostre città gli orinatoi, tanto in posizione corretta quanto sottosopra.
Giovanni Mariotti (Corriere della Sera, 20/02/1999)
"Bagatelle" di Lina Sotis (Corriere della Sera, 17/02/1999)
Tutti in fila per Nuda Veritas
È arrivato con Auretta Noemi o con Silvia Lucia? Non si sa perché appena sceso dalla 500, è stato inghiottito dalla folla che come lui, domenica mattina, aveva deciso di visitare la mostra sperando di trovare meno ressa. Enrico Cuccia e sua figlia sono stati fra i 2400 visitatori che nel dì di festa sono andati alla Fondazione Antonio Mazzotta a visitare la mostra "Gustav Klimt e le origini della Secessione Viennese".
Quella
mattina, in bicicletta, è arrivato anche Claudio Demattè; per i visitatori
domenicali ci sono stati
piccoli assembramenti sotto il sole gelido, ma niente code. I duemila
invitati del sabato sera si erano invece
ligiamente messi in fila per vedere (prima volta in Italia) "Nuda
Veritas", l'opera simbolo -secondo i critici - del "divino e del peccato". Una fila, di
circa mezz'ora, sopportata da tutti con
pazienza perché ormai folla e successo fanno parte delle organizzazioni
di Gabriele e Bianca Mazzotta.È arrivato con Auretta Noemi o con Silvia Lucia? Non si sa perché appena sceso dalla 500, è stato inghiottito dalla folla che come lui, domenica mattina, aveva deciso di visitare la mostra sperando di trovare meno ressa. Enrico Cuccia e sua figlia sono stati fra i 2400 visitatori che nel dì di festa sono andati alla Fondazione Antonio Mazzotta a visitare la mostra "Gustav Klimt e le origini della Secessione Viennese".
A parte la solita signora con cappellino che si è intrufolata, ligi in fila Pierantonino Bertè, Saverio Monno, Flavio Caroli, Konrad Obherhuber e altri che le file potrebbero dribblarle. Per la mostra si ringrazia Pomellato, la regione e la Provincia. Ma, "Nuda Veritas", soprattutto Mazzotta.
IL
RITORNO DI DON LURIO, (CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI MILANO, ASSESSORATO ALLA
CULTURA).
MOSTRE. I QUADRI DI DON LURIO DAL BALLETTO ALLA TELA. Il palcoscenico?
"Una tela bianca dove i ballerini sono colori". È un'affermazione di
Don Lurio, il coreografo notissimo al pubblico televisivo degli anni
Sessanta, che appariva regolarmente nei varietà della tv in bianco e nero e
faceva da ironico contrasto, con la sua corporatura minuta, alle figure statuarie delle
gemelle Kessler. La frase rivela un aspetto importante ma poco conosciuto ella vita di Don Lurio, che da
sempre ama dipingere. E da oggi al 24
marzo i suoi quadri più recenti sono esposti allo spazio prospettive, Via Carlo
Torre 29, tel.02-89408327 (orario 9/13 e 15/19, chiuso domenica). Con il patrocinio del Comune, assessorato alla Cultura. Inaugurazione oggi alle 18.
(Dida: Don Lurio tra i suoi quadri allo Spazio Prospettive: il coreografo è diventato pittore).
(La Repubblica, 04/03/1999)
(Dida: Lo riconoscete? È don Lurio, il celebre ballerino e coreografo. Espone dipinti e disegni allo Spazio Prospettive dal 4 al 24 marzo. Qui sopra è accanto ad una sua tela, che per l'occasione verrà tirata in multipli, in serigrafia.)
(Vivimilano/Corriere della Sera, 03/04/1999)
SPAZIO
PROSPETTIVE. Don Lurio "opere recenti". In mostra dipinti, disegni e
ceramiche dove dinamismo, intensità e forme si intrecciano con affascinante effetto
vitale. (Catalogo edito da
Prospettive d'Arte con testo critico di V.Palazzo).
(That's art #14 - marzo 1999)
TAVOLA. L'omaggio a Man Ray del
maestro Sadler.
Vi
siete persi la mostra di Man Ray da Mazzotta? Andate al ristorante per
recuperare. Da Sadler sono
esposte, fino a giugno, una trentina di opere di uno dei più importanti
esponenti dell'avanguardia artistica del '900. Così Claudio Sadler ripropone il binomio
arte-cucina, offrendo alla clientela
l'occasione di una doppia esperienza: Man Ray, appunto, e i piatti che
lo chef "a una stella" realizza con
l'abilità d'artista dei fornelli. Alcune ricette, anzi, sono state elaborate,
nella preparazione e nella
presentazione, proprio in base alle opere di Ray. I pezzi esposti fanno
parte della collezione privata del
gallerista Giò Marconi, che li ha prestati all'amico Sadler. Sono
dipinti, solarizzazioni, foto di donne, oggetti e sculture dell'artista nato a Philadelphia nel 1890 e morto a
Parigi nel 1976. "Il menù ispirato a Man Ray - dice Sadler - è un gioco
che ha il solo scopo di dare piacere al commensale". Il fine ci sembra
nobile. Ecco i dettagli. Si comincia con frittella soffice di carciofi,
mozzarella e ruchette e
passatine di pomodoro. Quindi lasagne con ragù di triglie, gamberi e
broccoletti. Seguono un filetto di salmone in crosta di rafano e semi di papavero, una patata farcita al
tuorlo d'uovo con fonduta piemontese e le costolette d'agnello in crosta di mandorle farcite di
tartufo e foie gras. Per il dessert c'è un
rotolo di sfoglia di pere con gelato alla grappa di pere. Naturalmente tutti i
piatti vengono serviti con grande attenzione agli accostamenti cromatici e alla
composizione: la sagoma formale della frittella, quella asimmetrica del salmone in crosta, la fantasia
geometrica delle costolette…Vini: Bonfiglio Vionier '97, Barbaresco '93. Il menù completo costa 130mila,
vini compresi (…).
Mariella Tanzarella. (Tuttomilano/La Repubblica, 11/02/1999)
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